Veniamo invitati ad una festa di compleanno. Si festeggia la moglie di un amico che abbiamo conosciuto qui a Santa Ana. Arriviamo nel primo pomeriggio. La casa dei nostri amici è una bella villetta elegante, con l’immancabile alto muro di cinta protetto dal filo spinato, un bel giardino curato e una affollatissima piscina che è il cuore del party.
Ci presentiamo agli altri invitati, ci viene immediatamente offerta una birra e iniziamo a vagabondare tra i vari gruppetti di persone. Siamo gli unici stranieri ad eccezione di un Americano, che però è amico intimo del nostro ospite, parla un perfetto Spagnolo e viene spessissimo in visita in El Salvador. Siamo chiaramente circondati da quella che potremmo definire la medio alta borghesia locale. Ci sono medici, avvocati, imprenditori. Sono in molti a parlare anche Inglese, è gente abituata a viaggiare, alcuni lavorano nell’import/export di prodotti con gli Stati Uniti.
La compagnia è particolarmente chiassosa. La festa è iniziata molto prima che noi arrivassimo, presumibilmente in mattinata, e il tasso alcolico è già piuttosto alto. Inutile a dirsi, siamo l’attrazione principale e sono in molti ad avvicinarsi per cercare di capire cosa diavolo ci fanno due Italiani a Santa Ana all’inizio di gennaio. Quando iniziamo a raccontarlo assistiamo ad una scena che abbiamo già visto e documentato molte volte in questo nostro viaggio. Il nostro audience si polarizza. Immediatamente.
Non possiamo definirci esperti della politica locale, ma abbiamo cercato di studiarla il più possibile in preparazione di questa avventura e tutti questi giorni trascorsi in loco ci hanno dato l’occasione di osservare sul campo i singoli orientamenti delle varie classi sociali. Nell’ambiente in cui ci troviamo Bukele non è amato, anzi. È un nemico da abbattere. Il partito che ha fondato, Nueva Ideas, può essere vagamente assimilato al nostro Movimento 5 Stelle e ha proposto una classe dirigente nuova rispetto ai due blocchi politici tradizionali del paese, uno di sinistra e l’altro di destra. Possono essere considerati dei populisti, con membri e candidati molto giovani e un modo di comunicare molto moderno, figlio della cultura dei social media più che della tradizionale scienza di governo. Analogamente ai nostri Grillini sono piuttosto popolari tra le classi medie e basse, ma odiati dall’intellighenzia.
Pur essendo circondati dalle persone più istruite con cui probabilmente noi si abbia mai parlato in queste settimane, il preconcetto è evidente e la profonda misconoscenza anche. Per loro Bitcoin è Bukele e Bukele è Bitcoin. Immediatamente, quando iniziamo a raccontare ciò che siamo venuti a fare, le battute si fanno taglienti e i commenti sferzanti e ironici.
La cosa non ci intimorisce affatto, anzi. Abbiamo le spalle larghe e siamo molto interessati a sondare ulteriormente questo campione sociale. Una minoranza nel paese, con la quale quindi abbiamo avuto minore esperienza diretta.
La cosa che appare evidente è subito la totale ignoranza. Crassa. Mi colpisce sempre. La stupidità del tifo. Se la squadra avversaria fa una proposta, non importa veramente se sia buona o cattiva. Se possa essere benefica o addirittura salvifica. Viene contrastata a prescindere perché viene dagli avversari. L’ho già detto che il bug è l’uomo?
Nessuna delle persone che avevamo di fronte aveva la minima idea delle basi di Bitcoin. Dell’ABC. Un uomo un po’ corpulento si avvicina parecchio accalorato, ad esempio. Sostiene che il presidente abbia scelto i bitcoin perché così può stamparsene quanti ne vuole e che questo è tanto vero che ci sono le prove che lo stia già facendo. C’è una centrale geotermica che stampa bitcoin in El Salvador, mi dice, si chiamano miniere questi luoghi. Quando gli dico che ci sono stato e che nessuno controlla Bitcoin e nessuno può coniarne a piacere, ma che il numero è fissato dal protocollo a 21 milioni di unità mi guarda incredulo e un po’ rubizzo. Mi chiede di ripetere diverse volte. Non vuole proprio crederci. Quando mi domanda chi mi da la certezza che non se ne possano creare altri e io gli rispondo “il protocollo” è quasi offeso.
Tra i suoi sodali, assiepati ai bordi della piscina, c’è una gran confusione. Qualcuno dice che ha sentito che sarà Shiba Inu a cambiare il mondo e che bisognerebbe comprare quello. Qualcuno sbraita Ethereum sbagliando la pronuncia. L’impressione generale è che questo spaccato sociale in realtà sia molto comodo col dollaro. Quando parliamo di inflazione e del controllo nefasto delle banche centrali sulla valuta, ci viene risposto che in El Salvador l’inflazione non si sente. Sono tutte persone sulla cinquantina e si ricordano bene il Colon, quanto fosse carta straccia. Sostengono che qui, al mercato, con un dollaro oggi si possa comprare esattamente la stessa quantità di pomodori che si comprava vent’anni fa. A poco vale la mia obiezione, di quanto questo non faccia esattamente statistica. E quando faccio notare che i mercati economici secondari, quelli più poveri, generalmente subiscono l’inflazione con ritardo rispetto a quelli principali, ma che quando finalmente arriva vengono colpiti molto più duro, visti i bisogni primari che soddisfano con la valuta, ricevo solo incredulità.
C’è in generale una grande insoddisfazione sulla condizione economica del paese e sulla pressione fiscale, tutta sulle spalle delle classi più abbienti. Qui si sentono l’unica parte del paese continuamente spremuta a causa del proprio privilegio. Quella che paga per sostenere le classi più povere. Eppure non c’è nessun desiderio di uscire da questo sistema economico approfittando di un idea nuova che possa generare profitti per El Salvador. Accumulare Bitcoin significa poter usufruire in un futuro prossimo delle rendite di un simile investimento, liquidità che potrebbe essere utilizzata per rilanciare una economia diversa e per alleggerire la pressione fiscale. Ma non interessa. Perché è una idea che viene da chi rappresenta la classe sociale avversaria.
Più parlo con gli esseri umani più mi rendo conto che l’unica speranza che abbiamo di sopravvivere alla sistematica sovrappopolazione del nostro pianeta è affidarci ad una forma nuova di consenso. A un decisore che tenga conto di tutte le posizioni senza averne una propria. A qualcosa semplicemente capace di essere super partes, perché non ha figli da proteggere, professioni da difendere, privilegi da conservare.
Siamo pronti per i software. Siamo pronti per i robot.