El Salvador è pieno di gechi. Ovunque. Su ogni muro, in ogni città, in ogni angolo del paese. È strano perché anche in Italia del sud ce ne sono molti. Qui però la notte emettono un suono tipico, una specie di richiamo. È come lo schiocco di un bacio ripetuto sette o otto volte. All’inizio ti stranisce, ma poi diventa parte dei rumori della notte. Quasi familiare. È strano, i gechi italiani non lo fanno questo suono. Non li ho mai sentiti una volta. Lo fanno invece quelli asiatici. Esattamente lo stesso. In Thailandia, in Laos, in Cambogia. Mi chiedo se siano delle specie diverse. O se i nostri non sappiano semplicemente più baciare.
Il giorno inizia assolato. Verso l’una usciamo a mangiare un boccone. Scegliamo un ristorante popolare. Ne abbiamo già parlato sulle pagine di questo blog. Si mangia davvero bene con una spesa ridicola e accettano volentieri i nostri bitcoin. Inoltre sono gentilissimi. Sembrano quasi orgogliosi che dei turisti stranieri vogliano mangiare da loro, con loro. Ci fanno assaggiare un pane che preparano lì. È morbidissimo, leggermente aromatizzato con l’aglio e ancora caldo, appena sfornato. Compriamo sei piccoli panini al corrispettivo di un dollaro.
Rientriamo all’ostello dopo aver fatto un breve giro. Fa molto caldo ed è un po’ faticoso passeggiare. Dobbiamo prepararci a partire alla volta di San Salvador dove si terrà un meetup di bitcoiners organizzato da Max Keiser e Stacy Herbert. Abbiamo dei posti riservati e ci sarà un sacco di gente che abbiamo conosciuto in queste sei settimane.
Partiamo verso le quattro del pomeriggio. La capitale non è distante ma qui ci sono poche strade e il traffico può essere terribile. Arriviamo al locale puntualissimi. È in piena Zona Rosa, la più elegante e ricca della città. Infatti è un bar che non ha nulla da invidiare alle location più trendy di Milano. Saranno presenti circa cinquanta persone ed è incredibile quante di loro noi si conosca già. C’è la coppia di europei incontrati sulla Bitcoin Beach, ci sono i nostri amici di Bitrefill e di Paxful, quelli di El Tunco, il viaggiatore Svedese. Tutta la cricca al gran completo. Un cosa questa che ci da la chiara impressione di quanto sia ancora seminale la scena qui. El Salvador è finito sulle copertine di tutti i giornali del mondo grazie alla Bitcoin law. La propaganda di governo ha sparato forte. Nella nostra piccola bolla prossemica se ne è discusso a profusione. Per questo saremmo quasi portati a pensare che qui l’adozione sia a portata di mano. A un passo. Ma è una esagerazione mediatica. Per quanto incredibile questo esperimento è in una fase embrionale. Stiamo gettando le fondamenta solo ora. Ed è un bene che sia così. È lo sviluppo naturale delle cose. Certo, dispiace vedere lo scarso interesse di quelli che forse beneficerebbero maggiormente di quello che sta accadendo, il Salvadoregno medio. Ma è naturale che sia così dopo solo poco tempo forse. E sarebbe stato strano trovarci già circondati da centinaia di persone.
Max e Stacy arrivano dopo circa mezz’ora. L’ambiente è stimolante. Si beve birra e si gira tra i vari piccoli gruppetti di persone a chiacchierare. È la prima volta che ci vediamo dopo Capodanno e quindi ci informiamo su come sono state le feste di tutti e di dove hanno trascorso le vacanze. Si parla poi di progetti Bitcoin. Di cose da fare. Dei prossimi appuntamenti fondamentali. C’è entusiasmo e fermento. Max si avvicina. Ci chiede chi siamo e cosa stiamo facendo in El Salvador. Sembra genuinamente interessato e stupito della nostra avventura. Ci riempie di complimenti e ci chiede una fotografia dell’adozione nel paese. Gli raccontiamo le nostre impressioni. Senza filtri. Di come sia possibile vivere in Bitcoin e di come questo fosse impensabile solo un anno fa. Ma anche di come occorra lavorare sull’educazione della popolazione oltre che sui rapporti con gli investitori stranieri. Stacy è molto gentile. Sempre sorridente. Ma sembra voler stare più sulle sue.
Max inizia il suo intervento, alla sua maniera. Ironico, urlato, eccessivo ma sempre preciso, puntuale e competente. Parla del denaro, del suo essere strumento oppressivo e di come El Salvador possa essere il principio di qualcosa di assolutamente nuovo. La stampa gli sta tutt’attorno, registrando e fotografando. Dopo avere agitato una banconota da venti dollari definendola sterco ed averla strappata in decine di piccoli pezzi ci indica tra la folla. Annuncia al pubblico che ci sono un gruppo di Italiani venuti a vedere il legal tender e che vivono solo di bitcoin. Invita tutti ad applaudirci e la gente inizia a congratularsi con noi. L’essere improvvisamente al centro dell’attenzione ci imbarazza un po’. Voglio dire, cosa c’è di tanto straordinario? Qui sta succedendo qualcosa di storico e per la qualità del nostro lavoro siamo venuti a verificare di persona. Dovrebbe essere ordinaria amministrazione. Invece in un era in cui gli articoli sui giornali mainstream vengono scritti da giornalisti professionisti sulla base delle informazioni che raccolgono su gruppi Facebook, forse quello che stiamo facendo è veramente eccezionale.
Verso la fine del meetup si fa vedere anche Samson Mow. Ci scambiamo qualche impressione sulle sorti del paese e sulle prossime tappe fondamentali per Bitcoin qui. Fa strano vedere questi volti così noti nel nostro ambiente qui, in una nazione in via di sviluppo del centro America. In un contesto così intimo infondo. Poterci avere un rapporto diretto, proprio a causa di questo contesto. È un contrasto. Quasi stride. Eppure è un segnale. Evidente. È un sintomo che qui davvero si è avviata una macchina che non ha precedenti. Questa qualità, queste professionalità, tutta questa attenzione da parte di una community così ricca di ideali e così determinata come la nostra, a qualcosa dovrà pur portare.
È quello che pensiamo mentre torniamo alla base, che ormai è notte inoltrata.