Mentre la nostra Bitcoin car si dirige verso La Union ci rendiamo davvero conto che ci stiamo rilassando troppo e che i nostri nervi non sono tesi al punto giusto nei confronti della sfida che ci siamo posti. Ancora una volta abbiamo problemi con gli hotel. Durante il viaggio ne chiamiamo a dozzine. Non c’è nulla da fare. Nessuno accetta Bitcoin. Ne troviamo solo uno che teoricamente la accetterebbe ma che ha problemi con “il sistema”. Proviamo a capire di che problema si tratti ma al telefono è difficile. La receptionist ci dice che l’hotel sta vicino ad un Chivo ATM e che potremmo ritirare del contante lì ma rifiutiamo. Così non ci piace.
Decidiamo quindi di cambiare meta. Se a La Union nessuno vuole il nostro denaro del futuro ci concentriamo sulle cittadine limitrofe. Dopo qualche tentativo la fortuna ci assiste e troviamo un ostello davvero carino. Siamo a Santa Rosa de Lima. Mai sentita. Messa sulla mappa per l’occasione. Anche questo è il bello della nostra avventura. Non siamo noi a guidare. È Satoshi.
Arriviamo che è già buio. La città è piccola. Un dedalo di strade sterrate e gente a torso nudo. Ci perdiamo pure prima di trovare la via, finendo in un quartiere che ci preoccupa un po’. Ma forse è solo suggestione, è stata una lunga giornata e siamo davvero stanchi. Arrivati all’ostello veniamo accolti con calore. È nuovo di zecca e farà al caso nostro. Lo gestisce una famiglia di imprenditori locali. Sono molto loquaci e ci invitano a cenare con loro. Sul menù ci sono tacos e Pepsi. Accettiamo di buon grado. La compagnia è deliziosa e il cibo è casereccio e gustoso. Facciamo amicizia. Siamo i primi Italiani che vengono qui e i primi a chiedere di pagare in Bitcoin. Quando ci chiedono cosa facciamo sono incuriositi e naturalmente cogliamo l’occasione per distribuire qualche pillola arancione. Mentre stiamo parlando il giovane figlio del proprietario, che ci ha risposto al telefono al momento della prenotazione, se ne esce dicendo che se loro, come commercianti, non accettassero Bitcoin correrebbero solo il rischio di perdere dei clienti. Quando gli raccontiamo che l’unico motivo per cui siamo lì è che la sua struttura è l’unica nel raggio di chilometri a farlo è sorpreso e si batte il pugno sul petto orgoglioso.
Dormiamo bene anche se la cittadina è un po’ rumorosa, specie la notte. Durante il giorno dobbiamo lavorare, scrivere e registrare dei contenuti. È la settimana di Natale, Ci sono ben due episodi del Bitcoin Italia Podcast da registrare e la terza stagione da concludere. Riusciamo a mettere il naso fuori che ormai è pomeriggio inoltrato. Santa Rosa è un casino inimmaginabile di traffico e suoni. Il centro è affollatissimo. Bancarelle per ogni dove. Merce trasportata sulle teste. Frastuono di clacson. Le case sono basse, le strade particolarmente sconnesse. È una cittadina di commercio e di frontiera, scopriamo, siamo a pochissimi chilometri dal confine con l’Honduras. Tradizionalmente qui si commercia oro. Nelle immediate vicinanze c’erano miniere piuttosto produttive ma i filoni di metallo si sono esauriti da tempo. È rimasta però la tradizione. Strano che ci sia tutta questa diffidenza nei confronti dell’oro digitale.
Siamo senza sigarette. Di nuovo. Sappiamo che la carta migliore da giocarci sono le stazioni di servizio dei benzinai. Ce ne sono parecchie nelle vicinanze e decidiamo di provarci. Entriamo nella prima, il logo Chivo fa bella mostra di sé all’ingresso. Quando chiediamo di pagare però ci dicono che l’app non funziona. Chiediamo come mai dicendo che l’abbiamo appena usata per pagare l’ostello, ma ci danno delle risposte balbettanti. Proviamo in una seconda e poi in una terza. Stessa risposta. Ci sembra di intuire qual’è il problema. Le stazioni di servizio usano uno smartphone aziendale per far andare l’applicazione. Da quando c’è stato l’aggiornamento, come vi abbiamo puntualmente raccontato, Chivo 2.0 richiede il reinserimento dei dati personali e nuovamente l’autenticazione a due fattori. Le app sono bloccate per questo motivo. La mail col codice arriva a chissà quale indirizzo aziendale e pure il codice SMS sarà impostato su chissà quale numero di chissà quale dirigente della compagnia. Una vera e propria idiozia. Ne proviamo una dozzina ma non c’è nulla da fare. Hanno tutti l’applicazione piombata. Questo però ci dice anche una cosa chiara: qui Bitcoin non lo usa nessuno.
Torniamo all’ostello sconfitti. Oggi non si fuma. Mia mamma sarà contenta di leggerlo.
Troviamo il proprietario dell’ostello in vena di chiacchiere. Ha sessantadue anni. Parliamo di politica. Ci racconta di come da commerciante sia tutti i giorni a contatto con la corruzione, a tutti i livelli. Ci parla della guerra civile. Della sua famiglia, piccoli proprietari terrieri che sono dovuti scappare dalla furia dei guerriglieri. Per il solo fatto di avere poca terra e di essere relativamente benestanti erano visti come nemici da abbattere. Di come lui si sia arruolato nell’esercito proprio per rivalsa nei confronti di questa ingiustizia subita, mentre i suoi primi cugini fossero tutti sui monti, tra le file dell’FMLN. Famiglie spezzate, pronte a versare sangue del proprio sangue. Di questo si tratta. Ci racconta degli incubi che ancora lo tengono sveglio la notte. Delle imboscate nella giungla. Degli amici falciati dai mitra. Delle persone che ha visto ammazzare e che ha ammazzato. Delle città svuotate dal terrore.
Una storia diversa da quella che abbiamo raccontato ieri naturalmente. Ma la verità non sta mai da una sola parte.