Abbiamo dei bisogni primari da soddisfare in Bitcoin oggi e ci alziamo determinati a farlo. La nostra automobile ha bisogno di benzina. Dettaglio che nella fretta di noleggiarla abbiamo trascurato completamente. Se non fossimo in grado di trovarla sarebbe davvero ridicolo e ci mettiamo al volante pronti al solito pellegrinaggio. Ci toccherà fermarci in tutti i distributori nel raggio di chilometri nella speranza di trovarne uno che accetti dei bitcoin.
Ci fermiamo alla prima stazione di servizio, è abbastanza grande e ci sembra quindi promettente. Accostiamo, chiediamo al benzinaio e lui ci risponde di sì con una faccia quasi stupita. Del tipo: ma dove credete di essere? Scopriamo parlando con lui che tutti i benzinai li accettano dal giorno uno. Perfetto. È a quel punto che ci illuminiamo.
Durante la nostra missione in El Salvador l’articolo che in assoluto ci è stato più difficile reperire sono le sigarette. Siamo senza da giorni. In realtà sarebbero sempre disponibili nei supermercati, qui le vendono principalmente lì, peccato solo che i POS di Chivo continuino a mangiarsi le nostre transazioni Lightning e quindi per noi non siano un’opzione. Entriamo quindi fiduciosi nel bar del distributore, del tutto analogo a quelli di casa nostra. Ci guardiamo intorno ed eccole. L’astinenza da nicotina quasi ci annebbia la vista. Ne compriamo tre pacchetti. La giornata è iniziata in maniera trionfale.
Abbiamo in programma di dirigerci all’estremo nord del Paese, nella regione del Morazán, lungo il confine con l’Honduras. Sono avvenute cose interessanti da quelle parti e ve le racconteremo nei prossimi giorni. Fatto rifornimento ci mettiamo in strada. Ancora non abbiamo trovato un hotel dove dormire per la notte, ma è evidente che oggi lo spirito di Satoshi ci sorride. Siamo spavaldi. Ne troveremo sicuramente uno strada facendo. Chiamando direttamente dall’automobile in movimento.
Niente di più sbagliato.
Dopo più di due ore abbiamo collezionato una fila interminabile di due di picche. Ora ci rendiamo conto che stiamo davvero uscendo dai radar. Visitando le parti più remote e meno connesse del Paese. Non possiamo aspettarci di avere vita facile. E non la avremo.
Quando finalmente troviamo un hotel disposto a lasciarci pagare in BTC lo confermiamo subito. Eccede un po’ il nostro budget ma non possiamo fare gli schizzinosi. Occorre fare di necessità virtù.
Ci fermiamo a pranzo nel piccolo paese di Alegria. Il nome ci ispirava. E avevamo ragione. È un delizioso susseguirsi di casette, tutte colorate. La piazza centrale ospita un mercatino. Scopriamo essere in realtà una località piuttosto turistica. È davvero pittoresca. Abbiamo fame e proviamo, senza troppa convinzione a chiedere in un bar popolare. Quelle bettole che tanto ci piacciono. E invece siamo fortunati. Non solo il proprietario accetta Bitcoin, ma dopo averci servito si siede con noi e attacca bottone.
Non solo accetta i bitcoin nel suo localaccio, ma ci confida di essere addirittura un miner! Assieme a suo cugino hanno acquistato alcune schede video, le hanno configurate e hanno iniziato a minare Ether. È la prima volta che sentiamo nominare una altcoin da un Salvadoregno e ci fa un certo effetto. Che posto assurdo quello in cui ci troviamo. Pieno di contraddizioni.
Ci racconta che con qualche scheda è riuscito ad avere un profitto anche di trecento dollari. Qui è lo stipendio medio, e non è niente male. Forti di questo risultato i due hanno convinto anche altri amici, fino a formare una specie di gruppo di acquisto per potenziare la loro mini farm domestica. Oggi riescono a guadagnare anche duemila di dollari al mese. Hanno fermato il loro progetto di espansione però. L’hardware ora è troppo costoso e non se ne trova facilmente.
Siamo stupiti di trovare in un luogo tanto isolato un vero e proprio smanettone. Con gli stessi problemi di quelli di casa nostra. La tecnologia davvero ha il potere di avvicinarci tutti, senza curarsi del colore della nostra pelle o della lingua che parliamo.
Ci lasciamo Alegria alle spalle e iniziamo la nostra risalita verso i massicci montuosi del nord. Le strade qui sono molto sconnesse e ad ogni buca temiamo per le già provate sospensioni della nostra Bitcoin Car. Le città qui sono incredibili. Da film. Ammassi di baracche polverose. Le strade percorse da uomini con grandi cappelli da ranchero e grossi coltellacci legati alla cintola. La vita qui è dura. Lo si legge sulla pelle dei volti delle persone.
Arriviamo all’hotel. Un posto pazzesco. Un insieme di bungalow carinissimi sparsi nella vegetazione. Qui Bitcoin è di casa. Ci paghiamo la stanza e anche la cena. La nostra camera è una follia. Una specie di bizzarro open space con una capsula cilindrica che ospita il letto. Mai visto niente di simile. Il paradiso del claustrofobico.
La sera, dalla grande sala del ristorante esce musica martellante. C’è la grande festa di compleanno di una ragazza, un quindicesimo. Vestiti eleganti, macchine sontuose, torta gigantesca. I privilegiati arrivano fin quassù. Non c’era da dubitarne.
Tempo di ritirarsi nella stanza con la strana capsula-letto. Quella in cui non dormiremo mai. Perché Laura, coricatasi per prima, si è subito trovata faccia a faccia con un grosso scorpione nelle lenzuola. Lo abbiamo dovuto ammazzare ma ormai non ci fidiamo. Abbiamo tirato fuori il materasso e stiamo dormendo per terra. Chissà se si rivelerà una buona idea.
A domani.