Giorno 18: Vulcanode.
sabato 18 dicembre 2021

Partiamo da Santa Ana che è ancora buio. Impiegheremo oltre tre ore e mezza per raggiungere il vulcano di Tecapa e la centrale geotermica di Berlin. Ci colpisce come, nonostante siano le cinque e trenta del mattino, ci sia già parecchia gente in giro. A queste latitudini le giornate iniziano presto.

La Bitcoin Car attraversa El Salvador leggera e rumorosa. Vediamo l’alba, la prima da quando siamo ai tropici, e il traffico riversarsi intenso sulle strade. La vita quotidiana dei locali riflessa attraverso i finestrini. Viaggiare in auto in posti lontani e sconosciuti ha sempre un grande fascino. Passiamo da San Salvador, ma la superiamo senza fermarci, proseguendo verso est. Man mano che ci allontaniamo dalla capitale i paesaggi si fanno più lussureggianti ed esotici. Attraversiamo massicci montuosi, colline e grandi piane. Ci fermiamo più di una volta ad ammirare il panorama. L’America offre alla vista questi spazi immensi, inusuali per gli sguardi europei. Quasi alieni.

Quando il vulcano ci si para davanti fa un certo effetto. La sua inconfondibile silhouette conica è mastodontica. Le sue pendici sono interamente coperte da una foresta verde smeraldo e anche dalla distanza si notano distintamente flebili colonne di fumo. La nostra automobile inizia ad inerpicarsi fino a raggiungere il villaggio di Berlin. Facciamo fatica all’inizio a trovare la via che conduce alla centrale. Le strade sono tortuose, di montagna, e l’intensa vegetazione non consente mai di scrutare l’orizzonte. 

Ci rendiamo conto di averla trovata quando, con la complicità di una piccola radura, scorgiamo innanzi a noi un’immensa colonna di vapore bianco. Guidiamo fino all’ingresso. La sbarra è abbassata e ci impedisce il passaggio. Diamo i nostri nomi al personale di sicurezza. Siamo attesi. Ci fanno parcheggiare all’interno del complesso e ci fanno attendere in una sala a noi riservata, dopo averci offerto due graditissime tazze di caffè che ci aiutano a scuoterci di dosso la stanchezza del lungo viaggio.

A guidarci nella visita all’impianto saranno due responsabili della Lageo, la compagnia che lo gestisce. Entrambi scienziati e tecnici. Meglio così. Niente politici o addetti alle pubbliche relazioni. Le loro spiegazioni sono dettagliate ed estremamente interessanti. Una centrale geotermica è una macchina affascinante ed impressionante. Scandaglia le viscere della terra ed estrae vapore incandescente che raggiunge la superficie ad una pressione altissima. È questa forza bruta che alimenta le turbine dei generatori elettrici. Una energia inarrestabile che fuoriesce ininterrottamente, giorno e notte, senza mai dare tregua. 

Siamo fortunati a visitare il complesso in questi giorni. Uno dei tre pozzi che alimentano i generatori è in manutenzione e quindi la linea di produzione è ferma. Questo ci consente di vedere luoghi che solitamente sono inaccessibili. Attorno a noi è tutto un dedalo di tubi, valvole e cilindri fantascientifici. Il rumore è onnipresente e assordante. Come un sibilo, ma colossale. L’odore di zolfo impregna l’aria. Vediamo le turbine, gli impianti di raffreddamento del vapore, i condensatori, la sala controllo e i pozzi di vapore. Scendono in profondità e ce ne sono decine, sparsi dovunque sulle pendici del vulcano. Un labirinto di tubi sopraelevati corre per la foresta convogliando il vapore acqueo qui, anche da decine di chilometri di distanza.

È al termine della visita, girato l’angolo di un grosso edificio che scorgiamo un container alimentato da grandi trasformatori allacciati direttamente alla centrale. Ci avviciniamo e l’emozione sale. I nostri accompagnatori ci avvertono però. Tra breve apriranno le porte del Vulcanode, potremmo fare riprese e foto ma non potremo entrare. I tempo a nostra disposizione sarà limitato, perché l’interno è raffreddato artificialmente e non possiamo lasciare che i rig si surriscaldino troppo.

Quando le porte si schiudono osserviamo affascinati queste ordinate schiere di soldati computer, tutti in serie. Un piccolo corridoio sulla sinistra e le rastrelliere di macchine sulla destra. Il groviglio dei cavi ricorda il sistema circolatorio. Non riusciamo a sentire il rumore della farm perché quello della centrale sovrasta ogni cosa. Riconosciamo degli Antminer S19 ma la nostra guida ci dice che in realtà ci sono hardware molto diversi tra loro lì dentro. Non ci da molte informazioni. Anzi quasi nessuna. Ci confida però che questo è un sito sperimentale che ha cominciato a funzionare a ottobre e ciò stanno facendo adesso è raccogliere informazioni e statistiche per pianificare la strategia di mining che verrà implementata nel prossimo futuro. Parte di questo impianto è collegata ad una pool, l’altra parte sta minando per conto suo. Anche da questi dati dipenderà l’espansione del progetto. Sono in programma tanti nuovi Vulcanode, in molte location diverse.

Mentre rientriamo verso gli uffici della centrale facciamo mente locale storditi. Siamo in El Salvador, un Paese in via di sviluppo, eppure ci troviamo in uno dei luoghi più tecnologicamente avanzati della Terra. Qui si ingabbia la potenza del nostro pianeta e la si utilizza per generare corrente elettrica totalmente rinnovabile in quantità inusitate. Si prende questa energia e, in perfetta osservanza del primo principio della termodinamica, la si condensa in scarsità digitale assoluta: Bitcoin. Roba da romanzo di Asimov.

È stata una giornata incredibile. Da incorniciare. Memorabile. Abbiamo girato tantissimo materiale. Presto realizzeremo un video documentario che vi consentirà di vedere coi vostri occhi quanto hanno visto i nostri. Per ora però dovrete rassegnarvi ed attendere. 

Buonanotte.

Vi portiamo alla scoperta della prima mining farm di El Salvador: il Volcanode