Abbiamo documentato, in queste prime settimane, come l’adozione qui in El Salvador stia rallentando. Sono in molti gli esercenti ad avere smesso di accettarli. Le motivazioni che adducono sempre sono due: Bitcoin è troppo complicato e mancano i volumi. Sono in pochissimi a volere pagare in questa maniera.
Se abbiamo già dimostrato come la troppa complessità sia totalmente da imputare al Chivo wallet, il secondo problema è ben più serio e delicato. Da un lato ci sono i cittadini di El Salvador che guadagnano e spendono dollari. Una valuta forte, non vittima di grave inflazione, e guardano con sospetto i pagamenti digitali. Dall’altra però ci sono i dati incoraggianti che raccontano di un forte aumento del turismo in questo paese, anche legato ai tanti bitcoiner che vengono qui per vedere il legal tender.
Ma se ci sono migliaia di bitcoiner che vengono a visitarlo, com’è possibile che il volume delle transazioni BTC nelle strade non aumenti? Forse non siamo numericamente sufficienti?
Forse.
Ma credo che il problema sia anche un altro.
Vi faccio un esempio. Qualche settimana fa, fuori dalla cerimonia di consegna dei diplomi di Mi Primer Bitcoin, conosco un signore spagnolo, venuto nel paese apposta per bitcoin. Alto e brizzolato, sulla quarantina, stava aiutando l’associazione che si occupa di educare su Bitcoin i giovanissimi di El Salvador. Era addirittura un esaminatore. Uno degli “esperti” quindi, chiamati ad esaminare i ragazzi. Cappellino della Bitcoin Beach, fisico magro e abbronzato, maglietta di Bitcoin. Il tipico fanboy.
Ci soffermiamo a parlare proprio di questo problema e di come stessi riscontrando, dopo l’esperienza dell’anno scorso, una minore adozione.
È a questo punto che lui inizia a raccontarmi di come lui stesso, forte di uno spagnolo perfetto, ogni volta che acquista qualcosa chiede sempre se può pagare in Bitcoin. Ma quando riceve risposta affermativa inizia a indagare con il commerciante per capire esattamente che cosa ha intenzione di fare coi satoshi che sta per inviagli. Praticamente un terzo grado. Se il povero malcapitato risponde che li vuole conservare per il futuro, allora riceverà dal grande Bitcoin fanboy occidentale una transazione lightning, ma se invece ammette di volerli cambiare o ricevere direttamente in dollari, allora rinuncia a usare bitcoin e paga direttamente in fiat.
Capite che idiozia?
Cioè non siamo venuti qui per aiutare questa gente, ma addirittura pretendiamo che siano degli Hodler. Altrimenti non sono degni dei nostri bitcoin. Una forma mentis raccapricciante. Puro egoismo.
Quando gli faccio notare che dal successo di Bitcoin in questo paese dipende anche il futuro di queste persone e che forse il suo atteggiamento è un po’ egoista perché infondo possiamo sacrificare qualche migliaio di satoshi per incentivare l’adozione, anche se vengono convertiti in dollari, va su tutte le furie e inizia a strepitare che lui vive a El Zonte e che tutti i suoi amici sono i poveri del villaggio e che lui ha a cuore il destino degli ultimi.
Evidentemente però non abbastanza da sacrificare pochi dollari in sats.
E badate bene. Di gente che la pensa così ce n’è a bizzeffe. Ho visto tantissimi bitcoiner qui pagare in contanti o con le loro carte di credito fiammanti. Perché i Bitcoin non si spendono. Hodl fino alla morte. Stiamo scherzando? Bitcoin varrà miliardi, mica si spendono oggi. Vorremmo mica fare la fine di quello scemo di Lazlo!
Peccato che il successo di Bitcoin in El Salvador è legato anche al volume delle transazioni e che se vinciamo la nostra battaglia qui, il valore sui mercati di Bitcoin ne risentirà positivamente. A beneficio di tutta la nostra comunità. Quindi tutti vogliamo che si apprezzi, ma solo in pochi sono disposti a sacrificare qualche satoshi per contribuire davvero alla vittoria finale. Quanto egoismo becero. Che tristezza gli umani.
Lo voglio dire senza mezzi termini. A costo di far arrabbiare qualcuno. Se venite a visitare questo paese per Bitcoin e non siete disposti a pagare in Bitcoin, fate un favore a El Salvador, state a casa. Che qui di immondizia ce n’è già abbastanza.
Ps.
Il tizio l’ho rivisto qualche settimana dopo a El Zonte, comodamente seduto a mangiare un cocktail di gamberi guardando il mare a Palo Verde, uno dei resort più esclusivi. Uno di quei posti che i suo tantissimi amici poveri del villaggio non possono nemmeno permettersi di guardare da lontano.
PPs. Lazlo è un cazzo di eroe ed è finito nei libri di storia, a differenza di tutti coloro che lo considerano uno scemo.