Di nuovo in viaggio. Direzione: San Salvador. La -bitcoin community- si sta per riunire qui in occasione della ‘Adopting Bitcoin’, l’ultima grande conferenza dell’anno ma non di certo la meno importante. Amici e bitcoiner da tutto il mondo stanno volando nel Paese per collaborare e promuovere l’adozione di bitcoin nel mondo. Chissà quanti di loro conoscevano questo paese prima della ‘Ley Bitcoin’. Chissà se anche noi ci saremmo mai venuti altrimenti…
Prima di tornare a San Salvador facciamo un pit stop nel villaggio di Ataco: siamo stati invitati a partecipare alla consegna del Bitcoin diploma, un vero e proprio titolo di studi in educazione finanziaria e bitcoin che i ragazzi di -attualmente sette- scuole pubbliche in El Salvador ricevono dopo la partecipazione al corso organizzato in collaborazione con l’associazione ‘Mi Primer Bitcoin’. Ne abbiamo parlato spesso nei nostri racconti: meno di un anno fa abbiamo partecipato all’incontro tra il primo preside ad aderire al progetto, i rappresentanti del governo e i fondatori del progetto. Un momento storico.
Tra un appuntamento e l’altro, la nostra giornata si conclude così tardi che non riusciamo nemmeno a trovare il tempo e le forze per scrivere il nostro diario quotidiano. Ecco il motivo della mancata pubblicazione di ieri: spero riusciate a perdonarci.
Il nostro risveglio a San Salvador è stato piuttosto traumatico: in ritardo, di corsa, con il vlog settimanale da editare e diversi appuntamenti improrogabili. Per questo motivo decidiamo di fare una cosa che non avevamo ancora fatto qui in El Salvador: andare da Starbucks. L’anno scorso abbiamo visto decine di video su Twitter rappresentare delle transazioni bitcoin e sapevamo per certo li avrebbero accettati. ‘Due cappuccini e due muffin al cioccolato per favore, paghiamo in bitcoin!’. Il silenzio. Lo sguardo perso della cameriera voleva dire una sola cosa: non l’aveva mai usato prima e non aveva idea di come si facesse. La collega le viene in aiuto ma non si ricorda la password del loro Chivo wallet. Niente da fare. Andiamo al McDonald di fianco, con lo stesso intento.
Lì la vera sorpresa: nemmeno il manager di McDonald ricordava la password dell’applicazione. Meno di un anno fa, lo stesso locale era tempestato di insegne luminose ‘Pay your burger in bitcoin!’. Incredibile.
Ci ricordiamo che le loro casse automatiche creavano un bitcoin QR code senza richiedere alcuna password e chiediamo al personale di provare. Funziona! Ma che fatica.
L’educazione è tutto. Il giorno prima abbiamo assistito al test finale di ragazzi di 16 e 17 anni perfettamente in grado di creare e gestire un nuovo wallet non-custodial, di importarlo in un nuovo dispositivo, di fare una transazione on-chain e di monitorarla in un bitcoin explorer. Meno di 24 ore dopo, ci ritroviamo a bere del caffè annacquato in un locale il cui staff non ricorda il PIN di un’applicazione.