Quest’anno il diario mi sta facendo sudare.
L’anno scorso era un momento serale, quasi una liturgia. Mi aiutava a raccogliere le idee, a razionalizzare le tante esperienze vissute durante la giornata.
In questa nuova avventura però pare che i momenti serali siano diventati una rarità. Stiamo davvero girando come delle trottole e la sera a volte mancano le forze. Sarà l’età. O più probabilmente sono i chilometri, come dice Indiana.
Siamo tornati a est. Verso La Union, per intenderci. Nella parte più povera, più rurale, ma anche più vera di El Salvador. Qui ci eravamo già avventurati in passato. Siamo lontani dalle rotte turistiche e già in passato avevamo fatto fatica a trovare chi fosse disposto ad accettare Bitcoin. Quest’anno, complice il calo dell’adozione di cui abbiamo già abbondantemente parlato, sembra quasi impossibile. Si fa una faticaccia e spesso dobbiamo ritornare sempre nei posti o nelle grandi catene che sappiamo benissimo li accettano. È il momento quindi di sfamarsi da Pizza Hut, MacDonalds e simili. E anche qui, quando domandi, ti guardano come fossi un alieno. La cosa non ci stupisce naturalmente. È perfettamente in linea con quanto stiamo documentando nel paese.
È la città di San Miguel stavolta ad attrarre la nostra attenzione. È una delle più grandi, sta adagiata in una grande vallata assolata, a osservarla notte e giorno il profilo minaccioso dell’ennesimo vulcano. Fa caldissimo e non tira una bava di vento. Ciò nonostante le strade sono ricolme di vita. C’è un gran fermento. Si montano palchi a tutti gli angoli dell’agglomerato urbano. Nell’aria vibrano centinaia di colpi di martello. Un piccolo esercito di camion e furgoni piuttosto malconci scaricano ovunque strumenti musicali, casse e luci stroboscopiche. Ci si prepara, a San Miguel, per il grande evento. Quello che ogni anno trasforma la città nell’ombelico di El Salvador. Quello che tutti aspettano: il Carnevale.
È una tradizione che si tramanda da generazioni. Si festeggia la fondazione della città, tra le più antiche in El Salvador, e si celebra la Vergine della Pace, patrono locale. Ogni ultimo sabato di Novembre San Miguel esplode di luci e colori, per tutta la note, senza sosta e fino all’alba. È tra i carnevali più famosi del Centro America, centinaia di migliaia di persone lo affollano e noi proprio non potevamo perdercelo.
Fa uno stranissimo effetto vedere tanti Salvadoregni fare festa, tutti insieme e ad un’ora così tarda. La cosa ci colpisce tantissimo. Ricordate? El Salvador non è certo uno di quei luoghi dove vivere la notte. Complice anche il recente passato, fatto di scontri tra gang e violenza, le città tendono a svuotarsi con il sopraggiungere della notte. Ma non a San Miguel durante il carnevale. Qui sembra esserci tutta la nazione, senza esclusioni. La musica altissima ci fa ballare tutta la notte. Ritmi latini incessanti. Le band sono tutte eccellenti, il meglio che El Salvador ha da offrire. Le strade sono piene di bancarelle, chioschi con cibi locali e fiumi di alcol. Un caos inebriante. Indimenticabile.
Allo stesso tempo questa è un’esperienza che mi da da pensare. Me ne accorgo guardando i volti di chi mi circonda. Non mi era mai capitato di vedere un campione così alto di abitanti di El Salvador nello stesso momento. Questo è un popolo davvero semplice. E lo dico con tutto l’affetto e la stima di cui sono capace. Ma guardandoli interagire tra di loro in questo momento, vedere i loro modi, i loro vestiti della festa, i loro sguardi stupiti quando passiamo, siamo in assoluto gli unici turisti stranieri presenti, mi fa capire che Bitcoin ha ancora tanta strada da fare. Tanto da migliorare. Per noi comprendere e fidarci di un network distribuito può essere cosa semplice, dopo un poco di studio. Per noi scaricare un wallet open source, installarlo, scriversi delle parole, aprirlo quando serve, inquadrare con la telecamera un codice QR e premere conferma, è una cosa facile. Quasi banale. Lo riteniamo qualcosa che sia davvero alla portata di tutti. Ma non è così. Per loro non lo è. Sono persone semplicissime. Sono operai, contadini, casalinghe, molto poco scolarizzati, immersi in un ambiente che è lontano anni luce dalla tecnologia. Sanno premere l’icona di Whatsapp e mandare un messaggio vocale, è vero. Ma nella maggior parte dei casi la trovano già preinstallata sul telefono che acquistano, qui le compagnie telefoniche lo fanno, non saprebbero istallarne una nuova. Dobbiamo immergerci nella realtà delle cose per capire a fondo quali e quante frizioni ci possano ancora essere, e spingere Bitcoin nella direzione della più semplice interazione con l’utente possibile. Ancora di più. Così non basta.
Qui il contante vincerà ancora a lungo. C’è poco da fare. È semplicissimo. Allungare una banconota è un gesto ancestrale, tramandato e normalizzato da padre a figlio. Dalla notte dei tempi. Loro non sentono il bisogno di Bitcoin, non hanno bisogni primari da risolvere come stimolo, hanno i dollari, e una vita semplice. La più semplice a cui voi possiate pensare.
Dobbiamo lavorare di più e avere ancora tanta pazienza.