La grande curiosità che ci coglie dopo avere lasciato El Salvador ed esserci avventurati nel resto del Centro America è cercare di capire cosa le persone pensano di Bitcoin in paesi dove non c’è stata nessuna propaganda governativa, nessuna copertura mediatica, nessuna pessima applicazione di stato a complicare le cose, e niente pseudo guru strilloni che bruciano dollari e farfugliano scemenze. Paesi dove quindi l’adozione non sta avvenendo per decreto, ma solo e unicamente grazie al duro lavoro delle aziende che credono in Bitcoin e ci costruiscono sopra e di tutte quelle persone che lo accolgono nella propria vita perché lo vedono come una opportunità concreta. Per attrarre più clienti magari o per incentivare il turismo.
La domanda alla quale ci piacerebbe provare a rispondere è: meglio l’adozione dal basso o quella dall’alto teorizzata dal presidente Bukele?
Inutile dire che è ovviamente troppo presto per fare bilanci, però un’idea grossolana ce la siamo già fatta, ed è sorprendente. In questi primi giorni in Guatemala abbiamo conosciuto moltissime persone, ad esempio, che lavorano con Bitcoin. Il giovanissimo sales manager della più grande azienda locale che offre servizi di pagamento lightning, un uomo dall’entusiasmo e dall’energia incredibile, che sarebbe capace di convincere persino mio padre a farsi pagare la pensione in Bitcoin. Uno che tutte le mattine si alza con il sorriso in faccia perché crede profondamente in quello che fa. Un trascinatore nato, che ha scelto di mettere il proprio talento al servizio della nostra rivoluzione (e dell’azienda per cui lavora naturalmente). Tanti commercianti che per primi hanno scelto di accettare Bitcoin come forma di pagamento perché più rapido, più sicuro e più economico delle carte di credito. Gente che quando entri nel loro negozietto perché hai visto il cartello “acceptamos Bitcoin” e chiedi se lo accettano veramente, ti rivolgono un sorriso a mille denti e ti rispondono di si con un orgoglio mai visto nella maggior parte dei commercianti di El Salvador. Commercianti che quando arriva il momento di pagare prendono il tablet oppure lo smartphone con una sicurezza incredibile, aprono il wallet e con quattro tocchi ti mostrano il codice QR giusto. Una consapevolezza e una conoscenza dello strumento tecnologico sorprendente.
Inutile dire che naturalmente non è sempre esattamente così. Ci sono quelli che vanno nel panico, quelli che ti rispondono che in questo momento non possono accettarli perché è il titolare che ha lo smartphone sul quale c’è il wallet e in questo momento è assente, quelli che ti dicono che oggi “Bitcoin non funziona” e quindi, sono desolati, ma possono accettare solo contanti.
Insomma, c’è di tutto e di più, ma la sensazione che abbiamo è che nel strade ci sia tanta curiosità. Quando ci fermiamo a parlare di Bitcoin con i locali percepiamo sempre un vivo interesse. Spesso ci fanno domande, vogliono saperne di più. È vero che è gratuito? Davvero con l’applicazione giusta anche se tu paghi in Bitcoin io posso ricevere quetzales o dollari? Niente occhi al cielo, volti sbuffanti o risposte schierate politicamente tipo “a me non interessa perché odio Bukele”.
Qui siamo solo a qualche centinaio di chilometri più a nord di El Salvador insomma, ma sembra di essere su un altro pianeta.